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Psicologia e musica: tra miti sfatati e curiosità

31/1/2014

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La musica accompagna la nostra esistenza ancora prima di nascere, già in fase embrionale. 
Molti studi riguardano gli effetti dell'ascolto di musica classica sulle performance cognitive. Ad esempio,  Frances Rauscher e Gordon Shaw nel   hanno rilevato che l'ascolto di Mozart, in particolare della Sonata K448 per due pianoforti sarebbe in grado di indurre un breve scatto di intelligenza ben percepibile attraverso test psicologici. Ad esempio, aumenterebbe il rendimento agli esami universitari.
Questo fenomeno, detto Effetto Mozart, non è stato però validato scientificamente. Nel dicembre 2013 uno studio a cura di  Elizabeth Spelke e colleghi della Harvard University di Boston "sfata" questo mito.

Pater J. Pentfrow e Samuel D. Gosling hanno invece studiato la correlazione tra stili musicali e personalità, riscontrando però in seguito che gli "stereotipi" legati all'ascolto di determinati generi  non rispondeva alla descrizione che i soggetti davano di se stessi. Il "dimmi che musica ascolti e ti dirò chi sei" non sembra pertanto avere una risposta così univoca.
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È  esperienza comune che la musica produca emozioni con effetti fisiologici: ci sono brani che ci rilassano e altri che ci ricaricano.
Diversi studi dimostrano che la frequenza cardiaca e il ritmo del respiro possono subire modifiche a seconda del tipo di musica ascoltato: aumentano con brani movimentati e gioiosi, diminuiscono con quelli tristi e lenti.
La musica sembra anche influire sulla secrezione del cortisolo, ormone legato allo stress.
Un'ultima curiosità: mangiare con un sottofondo molto ritmato può rallentare la digestione, mentre con i lenti si otterebbe l'efffeto contrario.

[Per approfondimenti: Schon D., Avira-Kabiri L., Vecchi T.  "Psicologia della musica" , Ed. Carocci, 2007]


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PSICONEWS: effetti benefici della musicoterapia in un gruppo di giovani malati oncologici

30/1/2014

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Uno studio a cura dell'Indiana University of Nursing di Indianapolis (Usa) ha preso in esame gli effetti della musicoterapia su un gruppo di giovani malati oncologici.
La ricerca, pubblicata su Cancer, ha visto coinvolti 113 giovani tra gli 11 e i 24 anni affetti da leucemia o linfoma e che hanno incontrato un musico-terapeuta sei volte nell'arco di tre settimane. Metà ha partecipato alla realizzazione di un video musicale, con tanto di scrittura e registrazione di una canzone, mentre gli altri hanno ascoltato degli audiolibri.
Il primo gruppo ha mostrato un atteggiamento più ottimista rispetto alla malattia, traendo beneficio dalla musicoterapia.
"I giovani che si sono messi in gioco con i video musicali hanno affrontato la malattia in modo più ottimista e positivo rispetto a chi ha ascoltato gli audiolibri. Inoltre a beneficiare di questo atteggiamento più propositivo è stato il rapporto con i medici, gli amici e i parenti. La musicoterapia ha rotto l'isolamento in cui spesso questi giovani pazienti sono costretti in una fase così delicata della loro vita."

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La bulimia

29/1/2014

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Il termine bulimia deriva dal greco “boùlimos”,  “bous”, bue, e “limòs”, fame: letteralmente “una fame da bue”.  L'etimologia rimanda all'aspetto di fagocitazione del cibo, tralasciando la condotta di eliminazione (vomito) la cui presenza è essenziale per diagnosticare la malattia.
L'ingestione smodata di cibo e la sua successiva espulsione devono verificarsi almeno due volte alla settimana per tre mesi per poter parlare di bulimia vera e propria.

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CRITERI DIAGNOSTICI
Il DSM-IV-TR definisce i seguenti criteri diagnostici:
A.Ricorrenti abbuffate. Un’ abbuffata è caratterizzata da entrambi le condizioni seguenti:
1)mangiare in un definito periodo di tempo (ad es. un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.
2)sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

B.Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.

C.Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.

D.I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.

E.L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

Sottotipi:

Con Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale di Bulimia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Senza Condotte di Eliminazione: nell'episodio attuale il soggetto ha utilizzato regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o l'esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto o all'uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.

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L'ABBUFFATA BULIMICA
Si caratterizza per una voracità patologica che porta a ingerire grosse quantità di cibo in poco tempo. C'è una compulsione a fagocitare quanto più cibo possibile, in maniera impulsiva e incontrollata. Non riguarda un alimento specifico, non essendo mirata al gusto o al soddisfacimento del piacere legato all'appetito.
Le abbuffate avvengono al riparo da occhi indiscreti, in solitudine: per questo possono essere più o meno programmate. Spesso può capitare che i pasti vengano saltati per timore di trovarsi in preda ad un attacco irrefrenabile in presenza di altre persone.
La persona bulimica si sente trascinata da una forza incontenibile, quasi come fosse estranea, che la dirige verso l'assunzione smodata di cibo (1000- 10000 calorie alla volta). Per soddisfarla in tempi brevi non può ricorrere ad alimenti che richiedano un periodo di preparazione eccessivo, perciò spesso mangia "cibo spazzatura"- junk food: patatine, merendine,... o anche prodotti non totalmente scongelati, con mescolanza di dolce e salato.
I fattori scatenanti sono molteplici: senso di colpa, vergogna, frustrazione, paura e via dicendo. L'abbuffata termina quando insorgono nausea, dolori, o quando si teme di venire scoperti. Viene riferita la paura di non riuscire a smettere, insieme a sentimenti di disgusto per se stessi.
La sensazione di perdita di controllo si accompagna a una componente dissociativa: la persona cioè si sente come se non fosse nel proprio corpo.


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LE CONDOTTE DI ELIMINAZIONE
In ogni episodio bulimico all'abbuffata si accompagna una condotta compensatoria di eliminazione, ad esempio il vomito. Le modalità possono variare dall'introduzione delle dita in gola, all'assunzione di grosse quantità di liquidi. Alcune persone bulimiche riescono persino a imporsi il vomito anche solo con movimenti addominali particolari.
L'espulsione di cibo è vissuta come un momento liberatorio, una catarsi.
Le condotte di eliminazione ripetute nel tempo lasciano dei segni che a volte sono l'unico indizio di ciò che sta succedendo. Ad esempio:
  • piccoli calli sul dorso della mano, dovuti allo sfregamento delle dita con i denti;
  • erosione dello smalto dentale e carie frequenti;
  • ingrossamento delle parotidi dovuto all'eccessiva attività salivare
Il controllo del peso, essenziale per rimandare un'immagine estetica di sè socialmente accettabile, viene ricercato anche attraverso digiuni estenuanti e sessioni di intenso esercizio fisico.

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LA PERSONA BULIMICA
In generale, si può rintracciare una certa tendenza all'impulsività come tratto comune tra gli individui bulimici.
Nello specifico, si possono distinguere due grossi sottogruppi:
  • coloro che all'apparenza sembrano perfettamente sani: hanno un bell'aspetto fisico, appaiono in forma e hanno successo in vari campi. Oltre questa facciata c'è una grossa sofferenza interiore che può venire fuori in termini di sintomi depressivi. Hanno un ideale di perfezionismo estremo che cercano di perseguire strenuamente;
  • coloro che hanno anche altri disturbi comportamentali legati all'impulsività: dipendenze da sostanze/alcool, umore instabile, promiscuità e atti autolesionistici. Faticano a inserirsi in contesti lavorativi e relazionali.

Le persone bulimiche vivono il proprio corpo con disprezzo, maltrattandolo; le condotte alimentari messe in atto in questo disturbo alla lunga possono provocare gravi danni organici.
Spesso in passato sono state bambine obese con genitori svalutanti e colpevolizzanti, attenti più al perfezionismo esteriore che ai loro bisogni affettivi.

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LA TERAPIA
L'orientamento sistemico-relazionale tende a considerare i diversi aspetti del contesto di vita dell'individuo. A maggior ragione con giovani adulti o adolescenti si ritiene molto utile un lavoro che coinvolga tutta la famiglia. Il disturbo alimentare può assumere valenza comunicativa all'interno del sistema e riconoscerne le motivazioni sottostanti può aiutare la persona a recuperare i propri confini, valorizzando le proprie risorse e ridefinendo una sana autostima.
 

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PSICONEWS: L'impulsività possibile causa della dipendenza da cibo

28/1/2014

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Una ricerca dell' Università della Georgia, pubblicata sulla rivista Appetite ha individuato l'impulsività come possibile causa della dipendenza da cibo e dalla conseguente obesità.
Il meccanismo sarebbe simile a quello che scatta in altri tipi di dipendenze come quelle da alcool, dalle droghe o dalla nicotina.
Lo studio ha coinvolto 233 persone, riscontrando che non sempre l'impulsività era correlata all'obesità ma che poteva portare a sviluppare una dipendenza da cibo, "forza trainante per lo sviluppo di sovrappeso e obesità" come spiega 
James MacKillop. "Sappiamo ormai che droghe e alcol 'cooptano' alcune aree del cervello che rilasciano dopamina e creano un senso di felicità e soddisfazione. La cosa su cui ora dobbiamo lavorare e' che anche alcuni cibi attivano gli stessi circuiti del cervello gettando le basi per una dipendenza".

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PSICONEWS: Scoperto legame tra obesità e disturbo bipolare

27/1/2014

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Uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorder rivela un legame specifico tra l'obesità e bipolarità. La ricerca è stata realizzata da un team italiano: Giulia Vannucchi, Cristina Toni, Icro Maremmani e Giulio Perugi del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'università di Pisa. 
Per sette mesi sono state seguite 571 persone prese in carico ambulatorialmente per un episodio depressivo maggiore. Sono stati considerati obesi coloro che avevano un indice di massa corporea superiore a 30. La presenza di obesità in questi pazienti potrebbe essere correlata ai disturbi bipolari.
Tra pazienti obesi e non obesi non sono state riscontrate differenze significative rispetto a età o sesso, mentre i pazienti obesi hanno meno anni di studio e sono più frequentemente sposati  ma soprattutto appartengono più spesso al gruppo dei bipolari.
Conclude Giulio Perugi: "I dati della nostra ricerca sono in linea con l’ipotesi secondo cui in molti casi l’obesità potrebbe essere il risultato di comportamenti di abuso, una vera e propria forma di ‘addiction’. Uno screening sistematico per il rilievo di sintomi ipomaniacali (anche attenuati) e di comportamenti di abuso verso il cibo, specialmente in alcune fasi come l’adolescenza, potrebbe avere un effetto preventivo sull’insorgenza di alcune forme di obesità al pari di quanto si verifica per lo sviluppo di alcune forme tossicodipendenza."

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PSICONEWS: bere troppo accelera la perdita di memoria negli uomini di mezza età

24/1/2014

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Come noto, un consumo eccessivo di alcoolici produce seri danni anche a  livello cognitivo. Uno studio pubblicato dall' University College di Londra sulla rivista Neurology ha riscontrato delle differenze tra uomini e donne di mezza età ritenuti bevitori "pesanti", cioè con un'assunzione di più di 36 grammi di alcool al giorno.
Negli uomini si è riscontrata una perdita di memoria fino a 6 anni, oltre ad un declino più rapido in tutte le aree legate alle funzioni cognitive. 
Il rischio non riguarderebbe gli uomini che hanno un rapporto moderato o leggero con gli alcoolici: non sono state infatti rilevate differenze significative rispetto ai non bevitori. 
La ricerca ha coinvolto 5054 uomini e 2099 donne monitorandone le abitudine alcooliche per 10 anni. Le loro abilità cognitive sono state testate ad un età media di 56 anni. Il test verrà replicato altre due volte nei prossimi 10 anni.
Séverine Sabia, tra gli autori dello studio, evidenzia che:  "Gran parte delle prove dalla ricerca sul consumo di alcol in rapporto a memoria e funzione esecutiva, si basano su popolazioni più anziane [...]. Il nostro studio si è concentrato sui partecipanti di mezza età e suggerisce che bere molto è associato ad un rapido declino in tutte le aree della funzione cognitiva negli uomini".


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PSICONEWS: gli effetti positivi della caffeina sulla memoria

23/1/2014

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La caffeina non sarebbe solo un eccitante, ma anche un potenziatore di memoria. Questo è quanto emerso in uno studio pubblicato dai ricercatori della  Johns Hopkins University sulla rivista Nature Neuroscience.
Il team diretto da Michael Yassa ha infatti riscontrato un effetto positivo della caffeina sulla memoria a lungo termine. con miglioramenti di alcuni tipi di ricordi almeno fino a 24 ore dopo il consumo.
 "Abbiamo sempre saputo che la caffeina ha effetti cognitivi, ma la capacità di fissare i ricordi rendendoli più resistenti e difficili da dimenticare non è mai stata esaminata in dettaglio negli esseri umani [...] " 
Lo studio ha coinvolto 100 partecipanti, non-consumatori di caffeina, suddivisi in due gruppi. Sono state mostrate a tutti delle immagini; dopo cinque minuti a un gruppo è stata somministrata una pasticca con 200 milligrammi di caffeina (pari a due tazzine) e all'altro un placebo.
Il giorno successivo entrambi i gruppi sono stati sottoposti a un test per verificare la loro capacità di riconoscere le immagini viste il giorno prima tra altre simili o totalmente nuove. Tra coloro che avevano assunto caffeina si è registrato il maggior numero di risposte corrette, distinguendo anche tra immagini simili. Questa peculiarità è collegata a un livello di conservazione della memoria più profonda, dove la caffeina andrebbe ad agire.
 "Quasi tutti gli studi precedenti somministravano la caffeina prima della sessione di studio, e così non era chiaro se il miglioramento eventuale fosse legato agli effetti della sostanza su attenzione, vigilanza, messa a fuoco o altri fattori. Con la somministrazione dopo l'esperimento escludiamo tutti questi effetti: il miglioramento è legato alla memoria e a nient'altro ", dichiara Yassa.


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Binge Eating Disorder (BED): il disturbo da alimentazione incontrollata

22/1/2014

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Il Binge Eating Disorder (BED) o Disturbo da alimentazione incontrollata è un disturbo del comportamento alimentare che per lungo tempo è stato considerato un sintomo della bulimia. A differenza della bulimia infatti, le abbuffate non sono seguite da condotte compensatorie quali vomito, assunzione di lassativi, esercizio fisico intenso o digiuno.



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CRITERI DIAGNOSTICI
Il DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) definisce questi criteri diagnostici specifici:

A) Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un’abbuffata compulsiva è definita dai due caratteri seguenti (entrambi necessari). 
-  Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore), una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili. 
-  Senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio (per esempio sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B) Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei seguenti caratteri: 
- Mangiare molto più rapidamente del normale; 
- Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa di “troppo pieno”;
- Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame; 
- Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo sociale per le quantità di cibo ingerite; 
- Provare disgusto di sé, depressione o intensa colpa dopo aver mangiato troppo.

C) Le abbuffate compulsive suscitano sofferenza e disagio.

D) Le abbuffate compulsive avvengono, in media, almeno due giorni la settimana per almeno sei mesi.

E)L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico) e non si riscontra soltanto nel corso di anoressia o di bulimia nervosa.

ImmagineF. Botero, "Il picnic"
LE ABBUFFATE
Possiamo quindi definire l'abbuffata come il consumo compulsivo di una grossa quantità di cibo in un periodo di tempo delimitato, durante il quale la persona sperimenta la perdita di controllo.
A differenza della bulimia, in cui l'abbuffata si può ripetere più volte nella singola giornata, nel BED si verifica in alcuni giorni, detti "binge", mentre nel resto della settimana l'alimentazione è pressoché nella norma. Le crisi nel BED non sono seguite da condotte compensatorie o restrittive.
Successivamente all'abbufata viene sperimentato senso di colpa, che insieme alla preoccupazione per il peso corporeo sono in media maggiori rispetto a quanto riferito dai pazienti obesi che non soffrono di BED.
Le crisi possono aumentare e peggiorare man mano che l'aumento di peso diventa più rapido e visibile sull'aspetto fisico.

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LE ORIGINI  E  LE CARATTERISTICHE DEL BED
Come per i disturbi del comportamento alimentare in generale, le cause del BED possono essere svariate. I fattori di rischio possono essere divisi in:
  • genetici
  • neuroendocrini
  • affettivo/evolutivi
  • sociali

Il disturbo sembra avere origine nell'adolescenza, spesso in una situazione di normopeso raggiunta con diete drastiche, improvvisate o sbilanciate.
Alcuni fattori scatenanti possono essere esperienze infantili sfavorevoli, tendenza all'obesità, ripetute esposizioni a critiche riguardanti il peso e l'aspetto fisico.
Le abbuffate possono rappresentare una modalità di fuga di fronte a emozioni che non si riescono a gestire e manifestare (rabbia, tristezza,...) o una difficoltà di controllo degli impulsi. Questo vissuto di impotenza e incapacità di controllo può ripercuotersi in altre aree: può capitare infatti che chi soffre di BED abusi di alcool e droghe.
Il proprio corpo viene visto in maniera distorta, con vissuti di inadeguatezza e insicurezza che si sommano alla pressione derivante dalla gran quantità di tempo trascorsa sotto regime dietetico. Questo disagio si riflette anche a livello sociale, lavorativo e interpersonale.


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L'INTERVENTO TERAPEUTICO
Nel BED l'intervento si dirige su due livelli:  l'intervento prettamente nutrizionale/ dietistico necessita di un supporto psicologico. Le abbuffate sono il sintomo di un malessere profondo e comprenderne i meccanismi sottostanti è fondamentale per raggiungere uno stile alimentare corretto.
Il percorso terapeutico valorizza le risorse del paziente verso una ripresa del potere di scelta sulla propria vita, sull'espressione dei propri vissuti e la gestione dell'emotività.
Come detto in precedenza, le origini del Binge Eating Disorder possono rintracciarsi in contesti relazionali, motivo per cui un approccio di tipo sistemico-relazionale può rivelarsi molto utile.


[Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattateci.]


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PSICONEWS: l'utilizzo di media elettronici interferisce con il sonno negli adolescenti

21/1/2014

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Avevamo parlato in un articolo precedente delle difficoltà di addormentamento, indicando tra i "nemici" del sonno i media elettronici (smartphone, computer, videogame...).
Una ricerca a cura della Scuola di Psicologia dell'Università di Adelaide (Australia) ha messo in evidenza come oltre il 70% degli adolescenti australiani dorma male. La qualità del sonno è risultata peggiore- in percentuale 1 su 10- tra i ragazzi che fanno uso eccessivo, se non dipendente, di mezzi multimediali.
Lo studio ha coinvolto 1200 studenti tra i 12 e i 18 anni valutandone abitudini del sonno e utilizzo di media elettronici. I risultati sono stati pubblicati sull' International Journal of Mental Health and Addiction. Daniel King, tra gli autori della ricerca, spiega che "L'uso dei media elettronici ritarda l'ora in cui si va a letto e a volte interrompe il sonno [...]. Questo porta a non raggiungere le ore necessarie di riposo."

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PSICONEWS: l'autocontrollo può essere incrementato

20/1/2014

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L'autocontrollo può essere definito come  un processo mentale che permette di ignorare pensieri e emozioni adattandosi  alle diverse situazioni. Si ritiene che tenda a diminuire con l'affaticamento, come un'energia che si esaurisce.



Uno studio condotto dall' University of Toronto Scarborough e pubblicato sulla rivista Trends in Cognitive Sciences sostiene invece che l'autocontrollo può essere potenziato anche in condizioni di fatica.
Micheal Inzlicht, uno degli autori della ricerca, spiega infatti che "Sebbene l'autocontrollo sia più difficile da tenere per le persone affaticate, non e' impossibile da raggiungere. [...] Quando le persone sono 'esaurite' vivono le cose da fare come un obbligo. Per mantenere l'autocontrollo si può tentare di ritrovare il piacere delle attività produttive in cui sono coinvolte".
 

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