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PSICONEWS Quando il bullo è in cameretta: il bullismo tra fratelli

19/6/2013

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Quando si parla di bullismo, spesso si fa riferimento ad ambienti "esterni", come scuola, gruppi sportivi o il giardinetto del quartiere. Non bisogna però sottovalutare la presenza di questo fenomeno anche tra le mura di casa: il bullismo tra fratelli rischia di produrre la stessa condizione di sofferenza di quello tra coetanei. 


A porre l'attenzione su questo tema è uno studio condotto da Corinna Jenkins Tucker della University of New Hampshire, pubblicato sulla rivista Pediatrics.  L'indagine ha coinvolto 3500 bambini e ragazzi fino a 17 anni di eta' ai quali è stato chiesto se nell'ultimo anno avessero subito un atto di aggressione da parte di fratelli/sorelle. In particolare, sono stati riscontrati fenomeni di bullismo psicologico, danneggiamenti di oggetti e scontri fisici più o meno gravi.
Tra le emozioni provate spiccano depressione, rabbia e ansia, in particolare tra i bambini. La ricercatrice nota che è probabile che siano provate anche dagli adolescenti, ma che per orgoglio fatichino ad ammetterlo.
L'intensità della sofferenza emotiva non solo è pari ai casi di bullismo "tra estranei", ma in certi casi è persino maggiore.

Turcker evidenzia alcune peculiarità del bullismo tra fratelli.  Per prima cosa, i litigi tra fratelli (dalla piccola scaramuccia alla vessazione vera e propria) sono solitamente considerati normali: spesso i genitori li considerano positivi, perché "rinforzano il carattere". Inoltre, bullo e vittima passano molte ore in casa insieme, a maggior ragione se dividono la cameretta. Last but not least, entrano in gioco tutte quelle dinamiche affettive tipiche delle relazioni tra fratelli.




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La frase del giorno

10/6/2013

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Depressione post-partum: parlarne, comprenderla, affrontarla

4/6/2013

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Di depressione post-partum si parla relativamente poco, tranne quando giunge sulle prime pagina della cronaca per qualche tragedia familiare o nella rubrica degli spettacoli per le dichiarazioni di qualche attrice famosa.

La nascita di un figlio porta con sé sentimenti contrastanti: da un lato la gioia per una nuova vita, dall’altro il disorientamento per il corpo che in pochi mesi cambia più volte e per lo stravolgimento dei ritmi e delle abitudini di vita che comunque l’arrivo di un bambino comporta. Questa tempesta di emozioni, legata anche ai cambiamenti ormonali tipici di questa fase, porta la mamma ad avvertire sensazioni di malessere che facilmente sfociano in crisi di pianto senza motivi apparenti, cambiamenti di tono emotivo e sbalzi di umore. La situazione generalmente si ristabilisce in poche settimane, ma fondamentale è l’appoggio e l’ascolto su cui la il partner, ma anche la rete di relazioni di cui è parte possono fare la differenza, aiutandola a non sentirsi sola.

Si parla di maternity blues ( "tristezza post-partum") per definire una sindrome benigna transitoria che si manifesta nelle prime 48h dopo il parto, e che si risolve spontaneamente nell'arco di una settimana. Colpisce circa il 70% delle donne,e di queste un 20% può sviluppare una depressione maggiore entro un anno dal parto, perciò è importante identificarla e monitorarla.
Si manifesta generalmente con:
  • sentimenti di inadeguatezza a svolgere il ruolo di madre;
  • labilità emotiva, disforia premestruale, ansia;
  • insonnia e calo ponderale.


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La depressione post-partum esordisce generalmente dopo 3-4 settimane dal parto e la sintomatologia aumenta con manifestazioni cliniche verso il 4-5 mese. In media, colpisce il 20% delle donne entro un anno dal parto.


Le cause  sono molteplici e coinvolgono fattori:
  • ormonali;
  • fisici (stanchezza,...);
  • psicologici (scarsa autostima...); 
  • sociali (giovane età, inesperienza, scarso sostegno,...);
  • cognitivi (aspettative irrealistiche sull'essere madre, sul bambino,...).

I sintomi possono essere di tipo:

  • depressivo: labilità emotiva, deflessione dell'umore, sentimenti di inadeguatezza, sentimenti di colpa, irritatibilità;
  • ansioso: ansia, stati di allarme, ansia fisica;
  • neurovegetativo:alterazioni del sonno,alterazioni dell'appetito,perdita di interesse in ciò che si fa;
  • relazionale madre-bambino: avvertire il bambino come "un peso",non riuscire a provare emozioni nei suoi riguardi, avere avversione, non voler restare con lui,sentirsi incapace, mancanza di concentrazione nei compiti di accudimento.

Prevenire e intervenire

Vi ricordiamo che parleremo di depressione post-partum il 17 giugno nel prossimo incontro di Io mamma
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È importante ricordare che una depressione post-partum non curata tende a cronicizzare, diminuendo nella madre le capacità di accudimento corretto e impedendo lo sviluppo di una relazione armonica con il nascituro. 
In un'ottica preventiva, aldilà delle cause fisiologiche che possono predisporre la donna , è possibile adottare delle strategie utili sul piano psicologico.
Ad esempio, per la neomamma può essere utile:
  • limitare i visitatori nei giorni del rientro a casa dopo il parto;
  • dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato;
  • seguire una dieta equilibrata che eviti eccessi e l'assunzione di bevande eccitanti;
  • sentirsi legittimate a chiedere aiuto;
  • rafforzare il legame con partner e figure di sostegno;
  • mantenere un atteggiamento realistico su di sè, sul bambino e sul contesto.



Partner e familiari possono dimostrare il loro sostegno alleviando gli impegni della neomamma per es. aiutando nei lavori domestici e in generale offrendo ascolto e supporto, senza sfociare nell'invadenza.


Quando i sintomi diventano allarmanti, persistono da più di due settimane, si manifestano più volte nell'arco della giornata e si ha la sensazione di poter fare del male a se stesse o al bambino, è importante rivolgersi a uno specialista.

A seconda del tipo e della gravità dei sintomi, le cure possono consistere:
  • in una psicoterapia;
  • nella partecipazione a gruppi terapeutici di donne che stanno vivendo la stessa sintomatologia;
  • nella prescrizione di farmaci ansiolitici e antidepressivi (sotto stretto controllo medico)

[Dati Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna]
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Psiconews: l'efficacia preventiva dell'educazione contro il cyberbullismo

3/6/2013

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L'educazione può prevenire gli episodi di cyberbullismo?
La risposta è sì, secondo uno studio condotto a Taiwan (dove il problema è molto diffuso tra bambini e adolescenti) e pubblicato su Plos One. 
In questa ricerca sono stati coinvolti 61 ragazzi di una scuola media superiore, divisi in due gruppi. Il gruppo sperimentale è stato coinvolto per 4 settimane nel corso "WebQuest",  riguardante tematiche del cyberbullismo e composto da 8 sessioni per un totale di 360 minuti. Il gruppo di controllo non è stato sottoposto ad alcun training.
Ad entrambi i gruppi è stato poi somministrato un questionario su competenze, attitudini e pensieri nei confronti del bullismo. I ragazzi che avevano seguito il corso hanno mostrato maggiori conoscenze nei riguardi del fenomeno, e una minore propensione a compiere atti del genere.
I ricercatori sottolineano come questo sia uno studio pilota su piccoli numeri, ma i risultati rendono auspicabile una replica su larga scala.

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Psiconews: collegamenti tra disturbi mentali post-partum e violenza domestica.

1/6/2013

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Quasi quotidianamente le cronache ci mettono a conoscenza di nuovi episodi di violenze domestiche ai danni di donne e madri.
Uno studio condotto da Louise Howard del King's College di Londra  (pubblicato sulla rivista Plos Medicine) ha indagato la possibilità di correlazioni tra i disturbi mentali presenti in post-gravidanza e le violenze domestiche subite in gravidanza.
La tematica trattata era già stata oggetto di studi precedenti in passato, ma con numeri decisamente più ridotti; inoltre, i dati precedenti si riferivano soprattutto alla depressione post-partum. In questo studio, invece, sono stati considerati anche altri disturbi come l'ansia e il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
I risultati suggeriscono che le donne con alti livelli di sintomi dei disturbi di salute mentale sopra citati hanno un'alta prevalenza e una maggiore probabilità di avere subito violenza domestica, sia durante la loro vita che durante la gravidanza. Tuttavia, questi risultati non significano che chi soffre di questi disturbi è necessariamente stata vittima di violenza; inoltre non sono state reperite ulteriori informazioni su altri disturbi, es. del comportamento alimentare.
Ad ogni modo, questo studio sottolinea l'importanza di approfondire meglio la storia passata e il presente della paziente che si rivolge presso i servizi di salute mentale nel periodo perinatale.


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