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Il mobbing sul posto di lavoro

23/3/2012

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La parola mobbing deriva dal verbo inglese to mob: “assalire, affollarsi intorno a qualcuno”. Il verbo deriva a sua volta dall’espressione latina “mobile vulgus” che significa "gentaglia (mobile)", cioè "una folla grande e disordinata", soprattutto "dedita al vandalismo e alle sommosse".
Il termine viene per primo impiegato dall’etologo Konrad Lorenz negli anni '70 per descrivere un comportamento aggressivo di alcune specie di uccelli nei confronti dei loro simili per allontanarli o scacciarli dal gruppo.
Nei primi anni ’80 Heinz Leymann introduce il concetto nell’ambito lavorativo, dopo aver osservato impiegati ed operai psicologicamente perseguitati sul posto di lavoro. Nel 1996 ne formula la definizione ufficiale:

“Comunicazione ostile e non etica perpetrata in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un singolo che, a causa del mobbing è spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una frequenza piuttosto alta e per un periodo di tempo. A causa dell’alta frequenza e della lunga durata, il mobbing crea seri disagi psicologici, psicosomatici, sociali”
 
In Italia, il primo a occuparsi dello studio di questo fenomeno è stato Harald Ege, che nel 2001 ne riformula la definizione:
 
“Il mobbing è una guerra sul lavoro in cui, tramite la violenza psicologica, fisica e/o morale, una o più vittime del mobbing vengono costrette ad esaudire la volontà di uno o più aggressori. Questa violenza si esprime attraverso attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la professionalità della vittima. Le conseguenze psicofisiche di un tale comportamento aggressivo risultano inevitabili per il mobbizzato”

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Nel mobbing possiamo identificare i seguenti attori:
 
  • La vittima: può essere una persona sola (es l’unica donna sul posto di lavoro…), nuova (es.più giovane, più qualificata…), di successo (es.suscita invidia…), strana (es. appartiene a una minoranza…). Finisce col sentirsi tale, il suo tratto distintivo diviene l’isolamento. Mostra i sintomi della malattia, è colpita da stress; dichiara di non avere colpe ma crede di sbagliare sempre tutto; non ha fiducia in se stessa. Può rifiutare ogni responsabilità per la situazione o, viceversa, accusarsi in maniera distruttiva.     
  • Il mobber: è una persona che assume comportamenti aggressivi, intensifica e prosegue il conflitto senza sentirne la colpa, che riversa invece sugli altri.
  • Gli spettatori: sono co-mobber (o mobber indiretti). Spesso sono le persone chiave del conflitto. Si vedono come mediatori tra mobber e vittima; possono esprimere apertamente la loro simpatia per una parte oppure distanziarsi da entrambe: dimostrano grande fiducia in se stesse.
 
Ege definisce anche 6 fasi del mobbing: (Osservatorio Nazionale Mobbing)
 
  1. Conflitto mirato. Il mobber o i mobbers procedono all’individuazione della vittima mentre nasce e si sviluppa in loro la convinzione di distruggerla ed eliminarla addossando colpe per ritardi, per errori, per comportamenti aberranti ecc., spingendo il conflitto fino a toccare aspetti di vita privata della vittima.
  2. Inizio del Mobbing. Vengono poste in essere azioni distruttive, tendenti ad isolare la vittima; si inaspriscono i rapporti e si creano situazioni che fanno sentire la vittima in disagio con se stesso e con l’ambiente di lavoro. Il mobbizzato inizia ad interrogarsi sui motivi dei diversi comportamenti e finisce così con l’avere il dubbio che siano sue le colpe di tutto ciò che accade.
  3. Inizio dei primi sintomi psicosomatici. La vittima comincia ad accusare disturbi del comportamento, perdita della capacità di critica e di autocritica, disagi esistenziali, difficoltà digestive ed insonnia. La persona inizia a manifestare cedimento della sua individualità e del suo autocontrollo, con ricorrenti scatti di nervosismo e di sfiducia nelle sue capacità soggettive e di lavoro, con senso di inadeguatezza e di annullamento.
  4. Errori e abusi dell’amministrazione del personale. In questa fase, che risulta la più crudele, il mobbizzato viene ufficializzato e quindi dato in pasto all’attenzione ed alla critica spietata e spesso illogica di tutti i dirigenti e di tutti i dipendenti dell’azienda. La vittima finisce con l’assentarsi sempre più spesso per malattia. L’amministrazione del personale convoca ripetutamente ed in forma progressivamente aggressiva il mobbizzato, minacciandolo di sanzioni disciplinari nel caso in cui persista ad assentarsi per malattia.La vittima viene così colpevolizzata, con minacce e provvedimenti punitivi.
  5. Aggravamento della salute della vittima. Il lavoratore, ormai mobbizzato e osservato da tutti, è in preda alla disperazione e all’angoscia e cerca di curarsi utilizzando psicofarmaci e terapie sintomatiche che però non riescono a risolvergli i problemi del lavoro; inizia ad avere idee ossessive e persecutorie nei riguardi di colleghi e azienda. A questo punto lo stato generale di disagio e di malattia possono spingere la vittima verso un quadro di depressione grave.
  6. Esclusione dal mondo del lavoro. Il lavoratore mobbizzato si dimette e/o si fa licenziare oppure ricorre al prepensionamento; nei casi più gravi Leyman include anche la possibilià di suicidio o di azioni lesive verso il suo mobber più rappresentativo e da lui considerato responsabile di tutti i suoi mali.

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Il mobbing può essere di tipo orizzontale quando si verifica tra colleghi con pari mansioni, oppure verticale quando avviene tra posizioni gerarchiche differenti.




Gli strumenti psicologici  utilizzati per la misurazione del mobbing sono:

  • Generici: scala di valutazione del funzionamento sociale e lavorativo; questionario della depressione di Beck (BDI); test di personalità MMPI; scala di impatto degli eventi (IES); proiettivi (es. TAT, Rorschach).     
  • Specifici: questionario per la rilevazione del fenomeno mobbing (CDL); Leymann Inventory of Psychological Terror (LIPT); questionario per il riliievo empirico del disagio organizzativo; questionario ACRV (azioni, conseguenze, reazioni alle vessazioni).
Le conseguenze del mobbing possono riversarsi anche in ambito familiare e sociale, quando il lavoratore non trova nella famiglia e nella sua rete sociale il sostegno desiderato: si parla in questi casi di doppio mobbing.

È rilevante sottolineare che le false accuse di mobbing possono trasformarsi a loro volta in un temibile strumento di mobbing, come stabilito nel 2001 dal Parlamento Europeo (Risoluzione A5-0283/2001. (2001/2339(INI)) assunta il 20 settembre 2001). Per questi motivi gli strumenti di misurazione necessitano di essere incrociati con dati e informazioni esterne e con altri test che misurano la simulazione, come ad esempio l’intervista breve M-F.A.S.T. (Miller Forensic Assessment of Symptoms Test) di Miller che rileva incoerenza, sintomi atipici o rari, suggestionabilità, etc.

Per difendersi, è importante che la vittima si rivolga a professionisti della salute, quali il medico del lavoro, lo psicologo, lo psicoterapeuta e lo psichiatra; al contempo è utile contattare associazioni, sindacati e avvocati per tutelarsi anche dal punto di vista legale.

La prevenzione del mobbing è un elemento chiave nel miglioramento della qualità della vita dei lavoratori: dev’essere tempestiva; non bisogna attendere che siano i lavoratori a lamentare il problema. Essa passa attraverso il miglioramento generalizzato dell’ambiente di lavoro psicosociale, promuovendo interazioni sociali positive. 


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I figli (Kahlil Gibran)

20/3/2012

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I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.
Potete sforzarvi d'essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, 
e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell'Arciere;
Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l'arco che sta saldo.

[ Kahlil Gibran- Il profeta]
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Le nuove dipendenze (new addictions)

17/3/2012

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Sempre più spesso l’opinione pubblica si sofferma su quelle che sono definite nuove dipendenze , alle quali sono state dedicate anche delle inchieste giornalistiche (Repubblica.it). Ma di che cosa si tratta?

L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce il concetto didipendenza come uno stato psichico e talvolta fisico risultante dalla interazione tra un organismo vivente e una sostanza, caratterizzato da modificazioni del comportamento o reazioni che determinano la compulsione ad assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, per sperimentarne gli effetti psichici e per evitarne gli effetti di privazione.

Nelle nuove dipendenze non c’è più l’interazione con una sostanza; la sintomatologia è invece legata alla ripetizione di un’attività (solitamente, socialmente accettata in condizioni normali). Per questo motivo, sono dette anche 
dipendenze comportamentali (DC). Anche in esse sono presenti i fenomeni tipici delle dipendenze da sostanze, e quindi:

  • bisogno di aumentare progressivamente la “dose” del comportamento dipendente per ottenere le sensazioni desiderate (tolleranza)
  • percezione di impossibilità di resistere all’impulso di mettere il comportamento in atto (compulsività);
  • tensione crescente immediatamente precedente l’inizio del comportamento (craving);
  • piacere e sollievo sperimentati durante la messa in atto del comportamento;
  • sensazione di perdita di controllo;
  • persistenza del comportamento nonostante gli effetti negativi;
  • sintomi fisici di gravità varia  che insorgono qualche tempo dopo l’interruzione (astinenza).

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Il comportamento viene inizialmente attuato come semplice distrazione o passatempo: si tratta infatti- come anticipato- di attività socialmente accettabili.


Si parla quindi di DC:
  • da gioco d’azzardo: slot-machine, videopoker, scommesse, gratta e vinci, lotto, superenalotto…;
  • da tecnologia: telefoni cellulari, smartphone;
  • da lavoro;
  • da videogames;
  • da shopping;
  • sex addictions: appuntamenti sessuali, pornografia online, frequentazioni di club.     
Caratteristiche comuni tra le diverse DC possono essere:  depressione, bassa autostima, pensieri a contenuto ossessivo, distorsione degli stili cognitivi, compulsioni, compromissione della qualità della vita, centralità del comportamento dipendente.

Non implicando l’uso di sostanze, tali dipendenze sono state a lungo sottovalutate o banalizzate, paragonandole a vizi o capricci della persona dipendente. Così facendo, si rischia di ignorarne la portata: si pensi ad effetti quali il ritiro sociale e lavorativo o le difficoltà relazionali e affettive.

Le vittime possono essere donne e uomini, giovani o meno: le DC hanno una trasversalità e una potenza tali per cui ragazzi e giovani adulti possono essere a rischio; di qui l’importanza della prevenzione (iniziative nelle scuole, campagne di sensibilizzazione) e dell’intervento del professionista. 


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