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PSICONEWS: I rischi della solitudine nell'anziano

18/2/2014

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Un anziano in condizione di estremo isolamento ha il 14% di probabilità in più di morire prematuramente.A sostenerlo, lo psicologo John Cacioppo nel corso dell'annuale meeting dell'American Association for the Advancement of Science.
L'impatto della solitudine sul rischio di morire prima del tempo è simile a quello causato da condizioni socio-economiche svantaggiate (+19% ), ed è quasi doppia rispetto al rischio causato da obesità.
"A livello demografico - dichiara Cacioppo - stiamo vivendo uno 'tsunami d'argento': la generazione dei baby-boomers si sta avvicinando all'età della pensione. E si calcola che, al 2011 al 2030, ogni giorno in media 10 mila persone nel mondo compiranno 65 anni."
Per cercare di contrastare la solitudine può essere utile tenersi in contatto con ex colleghi di lavoro e frequentare parenti e amici. Inoltre,trasferirsi in una località più tranquilla e dal clima mite non sempre è una cosa positiva, se questo significa perdere i contatti con le persone significative.

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PSICONEWS Le conseguenze negative del bullismo cronico

17/2/2014

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I bambini vittime di bullismo nel tempo rischiano di andare incontro a conseguenze negative, fisiche e mentali.Uno nuovo studio condotto dal gruppo coordinato da Laura Bogart  (Boston, USA) ha esaminato gli effetti di diverse storie di bullismo sulla salute mentale e fisica. I dati sono stati pubblicati sulla rivista Pediatrics. 
La ricerca ha coinvolto 4297 bambini divisi in quattro categorie: vittime di bullismo nel passato e nel presente, vittime solo nel presente o solo nel passato e infine coloro che non erano mai stati colpiti.
I risultati hanno mostrato che il bullismo si associa a peggioramenti della salute mentale e fisica, sintomi depressivi e bassa autostima nel tempo. Gli effetti erano più marcati negli appartenenti alla prime due categorie, cioè le vittime di bullismo "cronico" e "in corso".
Questo ci indica come sia importante fare prevenzione e intervenire per contrastare il fenomeno.


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PSICONEWS: Scoperto legame tra obesità e disturbo bipolare

27/1/2014

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Uno studio pubblicato sul Journal of Affective Disorder rivela un legame specifico tra l'obesità e bipolarità. La ricerca è stata realizzata da un team italiano: Giulia Vannucchi, Cristina Toni, Icro Maremmani e Giulio Perugi del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'università di Pisa. 
Per sette mesi sono state seguite 571 persone prese in carico ambulatorialmente per un episodio depressivo maggiore. Sono stati considerati obesi coloro che avevano un indice di massa corporea superiore a 30. La presenza di obesità in questi pazienti potrebbe essere correlata ai disturbi bipolari.
Tra pazienti obesi e non obesi non sono state riscontrate differenze significative rispetto a età o sesso, mentre i pazienti obesi hanno meno anni di studio e sono più frequentemente sposati  ma soprattutto appartengono più spesso al gruppo dei bipolari.
Conclude Giulio Perugi: "I dati della nostra ricerca sono in linea con l’ipotesi secondo cui in molti casi l’obesità potrebbe essere il risultato di comportamenti di abuso, una vera e propria forma di ‘addiction’. Uno screening sistematico per il rilievo di sintomi ipomaniacali (anche attenuati) e di comportamenti di abuso verso il cibo, specialmente in alcune fasi come l’adolescenza, potrebbe avere un effetto preventivo sull’insorgenza di alcune forme di obesità al pari di quanto si verifica per lo sviluppo di alcune forme tossicodipendenza."

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IL LIBRO SUL COMODINO: "Il lato positivo" di Matthew Quick

3/10/2013

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Autore: Matthew Quick

Titolo: Il lato positivo

Editore: Salani

Da questo libro è stato tratto l'omonimo film, grande successo lo scorso anno ai botteghini.

Il "lato positivo" è il lieto fine che Pat Peoples auspica per il film della sua vita. Uscito dal "postaccio" dove era in cura per un disturbo depressivo, il protagonista inizia a tenere un diario dove narra lo scorrere delle sue giornate. Pat ricorda che la moglie Nikki lo ha lasciato ma non in quali circostanze. Lui "sa" che il periodo di lontananza è destinato a finire e che potranno tornare insieme, ignorando cosa sia successo durante il suo ricovero.
Tramite il suo migliore amico conoscerà Tiffany, una ragazza vedova e anche lei depressa e che porterà un po' di scompiglio nella sua vita...

Leggendolo, questo libro riesce a trasmettere una sensazione dolceamara, seppure con la sensazione che molti aspetti vengano banalizzati. Non dobbiamo dimenticarci però che si tratta di un romanzo e non di un trattato di psicoterapia!
Pat e il suo microcosmo suscitano simpatie e tenerezze. La passione per il football americano corre come un fil rouge in cui si intrecciano il protagonista, gli amici, la famiglia e...il suo analista, tifosissimo degli Eagles! I due ci regalano alcune scenette memorabili, tra studio e stadio...

In sintesi: una lettura scorrevole, a tratti commovente ma anche spensierata.
Buona lettura e... fateci sapere cosa ne pensate!
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Depressione post-partum: parlarne, comprenderla, affrontarla

4/6/2013

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Di depressione post-partum si parla relativamente poco, tranne quando giunge sulle prime pagina della cronaca per qualche tragedia familiare o nella rubrica degli spettacoli per le dichiarazioni di qualche attrice famosa.

La nascita di un figlio porta con sé sentimenti contrastanti: da un lato la gioia per una nuova vita, dall’altro il disorientamento per il corpo che in pochi mesi cambia più volte e per lo stravolgimento dei ritmi e delle abitudini di vita che comunque l’arrivo di un bambino comporta. Questa tempesta di emozioni, legata anche ai cambiamenti ormonali tipici di questa fase, porta la mamma ad avvertire sensazioni di malessere che facilmente sfociano in crisi di pianto senza motivi apparenti, cambiamenti di tono emotivo e sbalzi di umore. La situazione generalmente si ristabilisce in poche settimane, ma fondamentale è l’appoggio e l’ascolto su cui la il partner, ma anche la rete di relazioni di cui è parte possono fare la differenza, aiutandola a non sentirsi sola.

Si parla di maternity blues ( "tristezza post-partum") per definire una sindrome benigna transitoria che si manifesta nelle prime 48h dopo il parto, e che si risolve spontaneamente nell'arco di una settimana. Colpisce circa il 70% delle donne,e di queste un 20% può sviluppare una depressione maggiore entro un anno dal parto, perciò è importante identificarla e monitorarla.
Si manifesta generalmente con:
  • sentimenti di inadeguatezza a svolgere il ruolo di madre;
  • labilità emotiva, disforia premestruale, ansia;
  • insonnia e calo ponderale.


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La depressione post-partum esordisce generalmente dopo 3-4 settimane dal parto e la sintomatologia aumenta con manifestazioni cliniche verso il 4-5 mese. In media, colpisce il 20% delle donne entro un anno dal parto.


Le cause  sono molteplici e coinvolgono fattori:
  • ormonali;
  • fisici (stanchezza,...);
  • psicologici (scarsa autostima...); 
  • sociali (giovane età, inesperienza, scarso sostegno,...);
  • cognitivi (aspettative irrealistiche sull'essere madre, sul bambino,...).

I sintomi possono essere di tipo:

  • depressivo: labilità emotiva, deflessione dell'umore, sentimenti di inadeguatezza, sentimenti di colpa, irritatibilità;
  • ansioso: ansia, stati di allarme, ansia fisica;
  • neurovegetativo:alterazioni del sonno,alterazioni dell'appetito,perdita di interesse in ciò che si fa;
  • relazionale madre-bambino: avvertire il bambino come "un peso",non riuscire a provare emozioni nei suoi riguardi, avere avversione, non voler restare con lui,sentirsi incapace, mancanza di concentrazione nei compiti di accudimento.

Prevenire e intervenire

Vi ricordiamo che parleremo di depressione post-partum il 17 giugno nel prossimo incontro di Io mamma
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È importante ricordare che una depressione post-partum non curata tende a cronicizzare, diminuendo nella madre le capacità di accudimento corretto e impedendo lo sviluppo di una relazione armonica con il nascituro. 
In un'ottica preventiva, aldilà delle cause fisiologiche che possono predisporre la donna , è possibile adottare delle strategie utili sul piano psicologico.
Ad esempio, per la neomamma può essere utile:
  • limitare i visitatori nei giorni del rientro a casa dopo il parto;
  • dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato;
  • seguire una dieta equilibrata che eviti eccessi e l'assunzione di bevande eccitanti;
  • sentirsi legittimate a chiedere aiuto;
  • rafforzare il legame con partner e figure di sostegno;
  • mantenere un atteggiamento realistico su di sè, sul bambino e sul contesto.



Partner e familiari possono dimostrare il loro sostegno alleviando gli impegni della neomamma per es. aiutando nei lavori domestici e in generale offrendo ascolto e supporto, senza sfociare nell'invadenza.


Quando i sintomi diventano allarmanti, persistono da più di due settimane, si manifestano più volte nell'arco della giornata e si ha la sensazione di poter fare del male a se stesse o al bambino, è importante rivolgersi a uno specialista.

A seconda del tipo e della gravità dei sintomi, le cure possono consistere:
  • in una psicoterapia;
  • nella partecipazione a gruppi terapeutici di donne che stanno vivendo la stessa sintomatologia;
  • nella prescrizione di farmaci ansiolitici e antidepressivi (sotto stretto controllo medico)

[Dati Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna]
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Psiconews: collegamenti tra disturbi mentali post-partum e violenza domestica.

1/6/2013

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Quasi quotidianamente le cronache ci mettono a conoscenza di nuovi episodi di violenze domestiche ai danni di donne e madri.
Uno studio condotto da Louise Howard del King's College di Londra  (pubblicato sulla rivista Plos Medicine) ha indagato la possibilità di correlazioni tra i disturbi mentali presenti in post-gravidanza e le violenze domestiche subite in gravidanza.
La tematica trattata era già stata oggetto di studi precedenti in passato, ma con numeri decisamente più ridotti; inoltre, i dati precedenti si riferivano soprattutto alla depressione post-partum. In questo studio, invece, sono stati considerati anche altri disturbi come l'ansia e il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
I risultati suggeriscono che le donne con alti livelli di sintomi dei disturbi di salute mentale sopra citati hanno un'alta prevalenza e una maggiore probabilità di avere subito violenza domestica, sia durante la loro vita che durante la gravidanza. Tuttavia, questi risultati non significano che chi soffre di questi disturbi è necessariamente stata vittima di violenza; inoltre non sono state reperite ulteriori informazioni su altri disturbi, es. del comportamento alimentare.
Ad ogni modo, questo studio sottolinea l'importanza di approfondire meglio la storia passata e il presente della paziente che si rivolge presso i servizi di salute mentale nel periodo perinatale.


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IL LIBRO SUL COMODINO: "Ho smesso di piangere" di Veronica Pivetti

30/5/2013

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Autore: Veronica Pivetti

Titolo: Ho smesso di piangere. La mia odissea per uscire dalla depressione

Editore: Mondadori

Ci risiamo: l'ennesimo vip che racconta la sua "crociata" contro una qualche malattia, con paragrafi strappalacrime volti a suscitare la compassione del grande pubblico.
E invece no. 
Il libro di Veronica Pivetti è bel lontano da questo stereotipo.
Leggendolo, ci si potrebbe tranquillamente dimenticare che la protagonista appartiene al mondo dello spettacolo: è il racconto di una malattia, e non c'è denaro o popolarità che tenga. 

Tutto inizia con un ipertiroidismo curato in maniera poca corretta, che da il via a una serie di scompensi biologici che esitano in una depressione (c'è da dire che nel libro ci sono solo dei vaghi accenni alla vita familiare e relazionale della protagonista). 
La Pivetti nel suo libro ci ricorda che-come dice il proverbio- anche i ricchi piangono: il suo status di vip la porta davanti a degli specialisti più attenti a non sfigurare di fronte al personaggio famoso (uno di questi sentirà anche il bisogno di narrarle i suoi trascorsi teatrali) che alle reali necessità della paziente.
In questi 8 anni, Veronica continua a lavorare sul set senza confidarsi con nessuno: il mondo dello spettacolo ruota tutto intorno all'apparenza, e chi non soddisfa le aspettative viene escluso rapidamente dal giro: the show must go on.


Una testimonianza onesta, senza ipocrisie: così come vengono evidenziate le difficoltà con i medici, trovano posto anche gli aspetti più sgradevoli della malattia, dalla scarsa igiene alla trascuratezza del sè.
Un ruolo centrale è occupato da Giordana, la migliore amica di Veronica, e dal grande amore per gli animali. L'autoironia fa il resto, rendendo più lieve il tema trattato, senza mai banalizzare.
Lo stile scorrevole e senza pretese rendono questo libro adatto a tutti: a chi conosce l'argomento in prima persona, a chi vuole capirne di più, e anche a chi dovrebbe imparare a mettersi un po' di più nei panni dell'altro.

Il depresso è convinto che nessuno soffra quanto lui, e il guaio è che ha ragione. Su mille depressi ci sono mille sofferenze diverse e uniche al mondo, mille dolori indicibili e mille solitudini che nessuno potrà alleviare.
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L'elaborazione del lutto tra fasi e complicazioni

27/5/2013

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La perdita di una persona cara è indubbiamente una delle esperienze più dolorose da affrontare. L'elaborazione del lutto è quel processo mentale di riconoscimento e accettazione della di tale perdita.
Il lutto è influenzato da diversi fattori:  circostanze, modalità, relazione con la persona mancata, età... ad ogni modo, è possibile rintracciare una serie di fasi: il loro superamento è indice di una risoluzione positiva del lutto.

Bowlby teorizza un modello a 4 fasi:
  1. FASE DEL TORPORE: immediatamente successiva alla perdita, è contraddistinta dallo shock, dall'incredulità e dalla grande disperazione. Si vorrebbe poter fermare il tempo. Predomina la negazione, un meccanismo difensivo che protegge la persona da una realtà troppo dolorosa.
  2. FASE DELLO STRUGGIMENTO: predominano la rabbia e l'impotenza verso l'accaduto, il destino e/o la persona che è venuta a mancare. Il dolore psichico è avvertito in maniera acuta e struggente, insieme alla ricerca della persona morta, sotto forma di rievocazione e ricordi.
  3. FASE DELLA DISPERAZIONE: la disorganizzazione e la disperazione si accompagnano al ricordo continuo della persona scomparsa. Termina con la progressiva accettazione della realtà.
  4. FASE DELLA RIORGANIZZAZIONE: si torna alla vita, riprendendo a progettare e a investire sul futuro. Si abbandona la speranza che la persona morta possa tornare: la sua immagine viene interiorizzata, la vita ricomincia.

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Come precedentemente detto, l'elaborazione del lutto è di durata e complessità variabili.
Solitamente, nella sua fase acuta, si risolve entro 6-12 o anche 24 mesi (in caso di figure significative come genitori, figli, partner); ad ogni modo si tratta di un percorso fortemente soggettivo influenzato da variabili personali e sociali.
Spesso si accompagna a uno stato depressivo, che può aggravarsi sino a determinare una condizione di lutto complicato: il lutto non si è risolto nell'arco di un anno e si accompagna a sintomi psicopatologici.
Si parla invece di lutto traumatico quando l'evento scatenante è imprevisto è improvviso, generando un trauma tale da bloccare il processo di elaborazione.

In circostanze di lutti gravi, duraturi e pervasivi può essere utile intraprendere un percorso psicologico, a maggior ragione se sussistono fattori di rischio, come ad esempio l'assenza di un'adeguata rete sociale di sostegno.
Per l'elaborazione dei lutti traumatici può essere presa in considerazione anche l'ipotesi di un trattamento EMDR.



[C.L.]

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