La Psicologia dello Sport sta assumendo un ruolo sempre più importante nella preparazione degli atleti. Fino a non molto tempo fa l’atleta veniva visto come una macchina da gara, le cui prestazioni potevano raggiungere un livello ottimale attraverso il quasi esclusivo allenamento fisico. Attualmente invece gli operatori dello sport riconoscono che le migliori performance si ottengono con uno specifico allenamento fisico affiancato da un altrettanto specifico allenamento mentale.
Particolare attenzione dev’essere però posta nella scelta del professionista a cui affidare questo tipo di training: spesso infatti persone con qualifiche dai nomi esotici ma poco riconoscibili propongono programmi di loro creazione che rapidamente porteranno l’atleta a “vincere”.
In realtà non è così. Se è vero che il percorso va strutturato secondo le caratteristiche e gli obiettivi dei singoli atleti ( o delle squadre) che ovviamente presentano individualità diverse, è anche vero che esistono dei
protocolli a cui il professionista deve attenersi, ponendosi come obiettivo non la facile vittoria (e gli sportivi ben sanno che non esistono vittorie facili) ma un programma di empowerment, di crescita personale attraverso il quale l’atleta possa arrivare a sviluppare appieno tutte le sue potenzialità. Sulla base di questo lavoro sarà possibile arrivare all’ottimizzazione della performance agonistica.
Proprio questo è il ruolo dello psicologo dello sport, un operatore con ampie competenze psicologiche ma anche specificamente formato, attraverso la conoscenza teorica della psicologia dello sport, la pratica, gli aggiornamenti e, se possibile, anche un’esperienza personale da atleta.
In questo contesto si comprende come il lavoro dello psicologo non si identifichi con una professione di cura, ma persegua la crescita personale ed il benessere psicofisico legato all’attività motoria e sportiva.
Particolare attenzione dev’essere però posta nella scelta del professionista a cui affidare questo tipo di training: spesso infatti persone con qualifiche dai nomi esotici ma poco riconoscibili propongono programmi di loro creazione che rapidamente porteranno l’atleta a “vincere”.
In realtà non è così. Se è vero che il percorso va strutturato secondo le caratteristiche e gli obiettivi dei singoli atleti ( o delle squadre) che ovviamente presentano individualità diverse, è anche vero che esistono dei
protocolli a cui il professionista deve attenersi, ponendosi come obiettivo non la facile vittoria (e gli sportivi ben sanno che non esistono vittorie facili) ma un programma di empowerment, di crescita personale attraverso il quale l’atleta possa arrivare a sviluppare appieno tutte le sue potenzialità. Sulla base di questo lavoro sarà possibile arrivare all’ottimizzazione della performance agonistica.
Proprio questo è il ruolo dello psicologo dello sport, un operatore con ampie competenze psicologiche ma anche specificamente formato, attraverso la conoscenza teorica della psicologia dello sport, la pratica, gli aggiornamenti e, se possibile, anche un’esperienza personale da atleta.
In questo contesto si comprende come il lavoro dello psicologo non si identifichi con una professione di cura, ma persegua la crescita personale ed il benessere psicofisico legato all’attività motoria e sportiva.
Per approfondimenti: Il concetto di flow nello sport agonistico