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PSICONEWS: Scoperto un legame tra obesità e relazione con la propria madre

5/2/2014

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Un nuovo studio condotto da Kelly Bost (University of Illinois) ha indagato come la relazione madre-figlio influisce, attraverso la regolazione emozionale, sulle condotte alimentari dei bambini. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Developmental & Behavioral Pediatrics  e ha preso in esame tre aspetti specifici: le modalità di nutrizione della madre, la routine dei pasti in famiglia e il numero di ore che il bambino trascorre davanti alla tv.
I bambini di madri poco rassicuranti nei momenti di sofferenza, più punitive e meno interattive nei momenti giocosi alla lunga tenderanno a mangiare male. Hanno infatti una maggior probabilità di utilizzare il cibo come regolatore emozionale. Inoltre, più le madri rifiutano i problemi dei figli e li puniscono, minore è il numero di pasti pianificati in famiglia e maggiore il numero di ore trascorso davanti alla televisione.
In conclusione, questi dati suggeriscono che un attaccamento insicuro può aumentare il rischio che i genitori utilizzino strategie negative per la regolazione emozionale dei figli, con possibili implicazioni sullo sviluppo dei primi comportamenti alimentari.

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Il bambino disabile e il ruolo della famiglia: l'importanza di valorizzare risorse e abilità residue

17/1/2014

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L’arrivo di un bambino, in una famiglia, comporta sempre la necessità di riorganizzazione, di adattamento, di ristrutturazioni materiali, psicologiche e sociali; cambiano i ritmi, gli spazi fisici, la routine, il senso d’identità dei genitori e della coppia.
Se però il bambino presenta delle problematiche, delle difficoltà nello sviluppo cognitivo, dei disturbi che influenzano la sua crescita, il contesto familiare si trova ad affrontare una situazione ancora più complessa. L’impegno nella cura del piccolo è percepito come particolarmente pressante e, alla prima reazione di disperazione e di difficoltà nell’accettare la situazione,  presto si aggiungono l’ansia di non sapere come comportarsi nei suoi confronti, la colpevolizzazione,  la paura di sbagliare negli interventi ed un senso di frustrazione  per non riuscire a raggiungere i risultati sperati. La riorganizzazione delle dinamiche familiari diviene quindi complicata, condizionata dal trauma della nascita di un bambino “diverso”.  In questa prospettiva, in cui si considera solo “ciò che non ha”, spesso si tende a perdere di vista il fatto che il bambino con difficoltà cognitive, il bambino che presenta una disabilità o un ritardo conserva tuttavia delle abilità e delle potenzialità che vanno valorizzate e potenziate. Occorre quindi guardare avanti e considerare che egli ha un proprio personalissimo piano di sviluppo, con tempistiche e modalità da ritagliare sulle sue caratteristiche, evitando di “fare confronti” con qualcuno se non con lui stesso: ogni piccolo progresso sarà una grande conquista, un passo avanti in più rispetto a ieri nella dimensione della sua autonomia.

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Il nostro progetto di valutazione e consulenza alle famiglie

I nostri interventi sono condotti secondo il paradigma di quella psicologia positiva che considera unica ogni persona, e come tale protagonista di una storia personalissima.  Disagi, dubbi, difficoltà che immancabilmente si presentano nella vita di ciascuno devono quindi essere affrontati con un approccio specifico ed individualizzato, perché ogni persona è diversa. Aiutare qualcuno a “crescere”, educarlo a sviluppare le sue risorse è un impegno difficile da affrontare, ma tanto più efficace quanto più si punterà a valorizzare quelle abilità che, in misura maggiore o minore, ognuno possiede. In quest’ottica diviene naturale  interpretare la possibilità di educare qualsiasi bambino, sia pure disabile, perché ogni bambino è diverso e necessita di essere accompagnato nella sua personalissima strada, agendo sulle capacità che egli manifesta. 

E se è vero che l’educazione del bambino disabile richiede un costante e cosciente intervento della famiglia, è vero anche che qualsiasi bambino lo richiede. La chiave della crescita sta nel rispetto delle caratteristiche individuali che ogni nuovo arrivato possiede.
Per approfondimenti sull'iniziativa, visitare questa pagina
>>Consulenza alle famiglie per la valutazione e il potenziamento delle risorse nei bambini disabili



[ a cura di G. Starnotti]


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Quando i bambini altrui sono "insopportabili"

3/1/2014

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La feste stanno volgendo al termine, e per molti sono state occasione di venire a contatto con i bambini di parenti e amici. In queste situazioni può capitare anche al più permissivo e tollerante dei genitori di sentirsi estremamente irritabile nei confronti della prole altrui. Così il figlio della cugina da fastidio perché è viziato, la bambina del collega è antipatica, il nipotino è capriccioso...e si rischia di perdere la pazienza.
Siamo perciò di fronte a uno "sdoppiamento", con dei genitori double-face? No, e vediamo meglio perché.
La presenza dei figli altrui funziona come uno specchio, che può mettere in luce eventuali mancanze o carenze. Si tende a rimproverare negli altri bambini ciò che non si vede nei propri, o a criticare comportamenti genitoriali che su se stessi non vengono visti e riconosciuti.
Il timore di essere giudicati dagli altri genitori come più autoritari o permissivi può indurre a stare sulla difensiva. I propri figli perciò sono i migliori, e il proprio metodo educativo è il più efficace.
Dal punto di vista evoluzionistico è più logico essere legati ai figli propri: l'ambivalenza viene compensata dall'amore incondizionato e ciò che si prova verso gli altri bambini diventa una valvola di sfogo. Come fare dunque a conciliare questa irritazione con il mandato biologico che ci dice di amare i cuccioli della nostra specie?
Una cosa utile da fare è domandarsi quanto ci si mette di proprio nella percezione negativa dell'altro. Quanto è dovuto a un proprio timore di essere contestati o squalificati nelle proprie capacità genitoriali? Quanto incide il confronto tra stili educativi differenti? Quanto invece è proprio di quel bambino? Quali emozioni fa provare?
Una sana empatia può essere d'aiuto. Chiedersi ad esempio"cosa farei se capitasse a me con mio figlio?" può aiutare a riflettere da un altro punto di vista,così come l'accettazione dei propri limiti, declinando la vicinanza con il bambino "insopportabile" quando non gradita.




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Psiconews: sparisce la distinzione tra figli "legittimi" e "naturali"

15/7/2013

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Il Consiglio dei Ministri ha eliminato, approvando il decreto legislativo in materia di filiazione, qualsiasi forma di distinzione tra figli "legittimi" e "naturali" , cioè nati o meno all'interno di un matrimonio.
Lo scorso anno era stata approvata una legge di riforma in materia che equiparava figli naturali e legittimi, lasciando però i due aggettivi.
Con questo decreto spariscono gli aggettivi prima della parola "figlio" all'interno del Codice Civile: niente più figli di "serie B".

Le nuove norme applicano anche ai figli nati del matrimonio gli stessi diritti in materia di successione; gli adottati minorenni acquisiscono lo stato di figlio "nato nel matrimonio".
Dalla definizione di "potestà genitoriale" si passa a quella di "responsabilità" genitoriale, privilegiando il "superiore benessere dei figli minori"; vengono ampliati i diritti dei nonni a mantenere rapporti significativi con i minori (fermo restante il benessere di questi ultimi). Infine, viene specificata la nozione di abbandono che prevede la segnalazione ai Comuni da parte dei tribunali per i minorenni che si trovino all'interno di nuclei familiari indigenti.

Da segnalare anche una modifica all'Art. 53 del Codice Civile, che introduce e regola le procedure d’ascolto dei minori nelle azioni che li riguardano direttamente (ad es. separazioni e divorzi.)

Questo decreto rappresenta un grande segno di civiltà.
Eliminare le distinzioni tra figli nati fuori/dentro il matrimonio cancella quella disuguaglianza che da troppo tempo il Codice si portava dietro, ottemperando non solo alle indicazioni internazionali, ma anche a più elementari diritti costituzionali.
"Categorizzare" i figli rischiava di trasporre le disuguaglianze anche a livello familiare, con ripercussioni sul piano educativo, affettivo e relazionale. 
Il nostro auspicio è che queste modifiche legislative siano seguite anche da un cambiamento di quelle mentalità che ancora troppo spesso discriminano i bambini a 












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Psiconews: collegamenti tra disturbi mentali post-partum e violenza domestica.

1/6/2013

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Quasi quotidianamente le cronache ci mettono a conoscenza di nuovi episodi di violenze domestiche ai danni di donne e madri.
Uno studio condotto da Louise Howard del King's College di Londra  (pubblicato sulla rivista Plos Medicine) ha indagato la possibilità di correlazioni tra i disturbi mentali presenti in post-gravidanza e le violenze domestiche subite in gravidanza.
La tematica trattata era già stata oggetto di studi precedenti in passato, ma con numeri decisamente più ridotti; inoltre, i dati precedenti si riferivano soprattutto alla depressione post-partum. In questo studio, invece, sono stati considerati anche altri disturbi come l'ansia e il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
I risultati suggeriscono che le donne con alti livelli di sintomi dei disturbi di salute mentale sopra citati hanno un'alta prevalenza e una maggiore probabilità di avere subito violenza domestica, sia durante la loro vita che durante la gravidanza. Tuttavia, questi risultati non significano che chi soffre di questi disturbi è necessariamente stata vittima di violenza; inoltre non sono state reperite ulteriori informazioni su altri disturbi, es. del comportamento alimentare.
Ad ogni modo, questo studio sottolinea l'importanza di approfondire meglio la storia passata e il presente della paziente che si rivolge presso i servizi di salute mentale nel periodo perinatale.


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