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L'anoressia

30/7/2013

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La parola anoressia deriva dal  latino anorexia e, a sua volta, dal greco anorexìa, parola composta da an (particella di negazione) e òrexis, appetito.
Nonostante l'etimologia, nell'anoressia non si assiste a un'assenza di appetito, anzi: questo disturbo alimentare si incentra su una strenua lotta contro la fame, per raggiungere un ambito stato di magrezza. La paura di ingrassare predomina anche in condizioni di evidente sottopeso, poiché il proprio corpo viene percepito in maniera alterata, più "grosso" e "grasso" che nella realtà.


L'anoressia insorge prevalentemente durante l'adolescenza (tra i 15 e i 19 anni), periodo di sconvolgimenti fisici, ormonali e psicologici:
  • la pubertà e le trasformazioni del corpo che ne derivano hanno bisogno un tempo necessario per essere integrate anche a livello psichico;
  • entrano in scena nuovi legami ed esperienze (gruppo dei pari, primi rapporti sentimentali...) che fanno spostare la dipedenza e l'attaccamento dai genitori verso il mondo esterno alle relazioni familiari;
  • anche le funzioni mentali e cognitive variano, contribuendo a un cambiamento profondo rispetto al funzionamento mentale infantile.


Le ragazze e le giovani donne sono prevalentemente più colpite, ma non bisogna trascurare la crescente incidenza anche sui giovani maschi.


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RICONOSCERE E DIAGNOSTICARE L'ANORESSIA
La malattia esordisce con una riduzione progressiva dell'alimentazione, accompagnata da una vera e propria ossessione verso la composizione dei cibi e la bilancia. La persona anoressica rifiuta tutti quei cibi considerati "colpevoli" di far ingrassare, e assume solo quelli che reputa "sani".
Vengono messe in atto tutta una serie di strategie per dissimulare il sintomo agli occhi dei genitori: il cibo viene sminuzzato nel piatto, nascosto o eliminato in seguito ( ad es. con vomito autoindotto o assunzione di purganti).

Secondo il DSM-IV la diagnosi di anoressia si effettua in presenza di:
  • Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del minimo normale per età e statura;
  • Intensa paura di acquisire peso o diventare grassi, anche quando si è sottopeso;
  • Alterazione dell'immagine corporea per forma e dimensione, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso;
  • Amenorrea nelle donne in età post-puberale per almeno 3 cicli mestruali consecutivi.


Sono specificati due sottotipi di anoressia:
  • Con restrizioni: il soggetto si limita a ridurre l’assunzione di cibo senza adottare condotte espulsive come vomito, purganti, diuretici e senza abbuffate.
  • Con abbuffate/condotte di eliminazione: oltre alla riduzione dell’assunzione di cibo sono presenti abbuffate e condotte di eliminazione come vomito, purganti, diuretici.

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LE CAUSE DELL'ANORESSIA
Di fronte a un disturbo alimentare le cause possono essere molteplici: caratteristiche di personalità, fattori biologici e ambientali si intersecano.
Spesso l'anoressia viene banalizzata a  un semplice desiderio di emulazione verso top- model o attrici, dimenticando le variabili connesse al contesto di vita dell'individuo. Il desiderio di dimagrire per  "adattarsi"  a un modello che valorizza la magrezza è solo la punta dell'iceberg di una situazione ben più complessa. Bisogna domandarsi perché l'aspetto fisico diventa così importante per quella persona, in quel contesto.

Il sintomo anoressico può rivestire diverse funzioni: il rifiuto del cibo può veicolare un dissenso più ampio, ad esempio verso qualcosa che sta accadendo in famiglia (come una separazione dei genitori) o verso la crescita adulta.
Esercitare un dominio sulla fame può far sperimentare un senso di controllo sulla propria vita che si sente di non avere altrimenti, ad esempio per le troppe aspettative e o pressioni esterne.
Le spiegazioni perciò possono essere molteplici; non bisogna dimenticare che l'anoressia può anche insorgere in seguito a traumi o a maltrattamenti seguiti: in questi casi si parla di anoressia reattiva.

L'INTERVENTO TERAPEUTICO

Una volta indagata la storia familiare e individuale del paziente, è possibile impostare un piano terapeutico. Gli anoressici spesso tendono a non riconoscere il disturbo, giungendo in terapia su sollecitazione dei genitori: per questo possono muovere forti resistenze al trattamento.
Trattandosi di una patologia che può a mettere a repentaglio la vita del paziente, è importante creare un dialogo con gli altri professionisti coinvolti  (es.medici) per monitorare la situazione in maniera più completa.

Si crea uno spazio dove accogliere la sofferenza, dando voce ai vissuti che vengono incanalati nel sintomo anoressico.
Nell'approccio sistemico si lavora con la famiglia, promuovendo la comunicazione tra i membri del sistema e ridefinendo i ruoli nei contesti invischiati. Si punta a un superamento costruttivo della crisi, in modo che possa evolvere verso una nuova fase del ciclo di vita.



Per ulteriori informazioni, vi invitiamo a contattarci



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PSICONEWS: i neonati dei genitori separati soffrono meno se dormono in una sola casa

23/7/2013

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Diversi studi ci hanno insegnato che i bambini hanno il bisogno biologico innato di sentire la presenza fisica ed affettiva dei genitori.

Una ricerca condotta da Samantha Tornello della University of Virginia (pubblicata sul Journal of Marriage and Family)  ha indagato cosa succede quando i neonati entro un anno di età si trovano a dormire in case diverse a causa della separazione dei genitori.
I risultati hanno dimostrato che anche una sola notte a settimana trascorsa lontana dalla mamma rende il bebè molto più insicuro dell'affetto materno rispetto a neonati che dormono meno spesso fuori casa o che vedono i padri durante il giorno.Ciò non è stato osservato così chiaramente nei bambini tra 1 e 3 anni.

"La nostra ricerca evidenzia quanto sia importante per i neonati nel primo anno di vita poter fare affidamento sulla presenza costante e affidabile di un singolo genitore badante durante la notte e soprattutto non essere sottoposti a trasferimenti settimanali tra una casa e l'altra. Dai nostri risultati emerge che sia la madre sia il padre possono assumere il ruolo di genitore primario, l'elemento importante rilevato e' la costanza, il poter contare su una presenza affettiva quotidiana e stabile." 

L'insicurezza nell'attaccamento potrebbe essere predittiva di problematiche di adattamento tra i 3 e i 5 anni, ma non ci sono correlazioni dirette con difficoltà negli anni successivi.

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IL LIBRO SUL COMODINO: "Volevo essere una farfalla" di Michela Marzano

22/7/2013

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Autore: Michela Marzano

Titolo: Volevo essere una farfalla. Come l'anoressia mi ha insegnato a vivere

Editore: Mondadori Strade Blu


"In questo libro racconto la mia storia. Pensavo che non ne avrei mai parlato, ma col passare degli anni parlarne è diventata una necessità. Per mostrare chi sono e che cosa penso. Perché, forse, senza quella sofferenza non sarei diventata la persona che sono oggi. Probabilmente non avrei capito che la filosofia è soprattutto un modo per raccontare la finitezza e la gioia. Gli ossimori e le contraddizioni. Il coraggio immenso che ci vuole per smetterla di soffrire e la fragilità dell'amore che dà senso alla vita."
Michela Marzano è una filosofa e scrittrice molto affermata, protagonista della scena culturale parigina, dove è direttrice del Dipartimento di Scienze Sociali SHS – Sorbona dell' Université Paris Descartes.
In questo libro autobiografico racconta la sua storia di anoressica, sfidando anche la diffidenza di chi la circonda e teme che così facendo darà la sua sofferenza "privata" in pasto al grande pubblico, con ripercussioni sulla sua vita sociale.
Marzano ripercorre la storia della sua vita, attraverso infanzia, adolescenza ed età adulta vissute ricercando amore e aiuto. 
Il rapporto con i genitori è segnato da un senso di abbandono da parte della madre e dal desiderio di ottemperare alle altissime aspettative paterne. Michela deve essere sempre la più brava, preparata e brillante: miete successi a scuola prima e in ambito accademico poi.
Con il sintomo dell'anoressia riesce a esercitare il controllo su quella fame che la divora ( viene infatti sfatato il mito dell'anoressica inappetente), una fame di cibo e di amore. Il cibo viene conteggiato caloria per caloria, e l'amore ricercato spasmodicamente negli uomini che incontra nella sua vita.
L'autrice vuole essere leggera, proprio come una farfalla; la ricerca di questa perfezione le appesantisce l'esistenza ogni giorno di più.

Dopo un percorso terapeutico durato anni, e un profondo lavoro su se stessa, riesce a smettere di condannarsi. Nel momento stesso in cui inizia a d accettarsi per ciò che è, nei suoi difetti ed imperfezioni, trova finalmente la leggerezza.


Un libro consigliato senz'altro a chi vuole approfondire il discorso sull'anoressia, ma anche a chi si interessa di filosofia e dei legami mente-corpo.


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Psiconews: italiani, popolo di lavoratori tecnostressati

17/7/2013

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Sono quasi 2 milioni i lavoratori colpiti in Italia da "tecnostress": insonnia, ansia, panico, mal di testa, mal di stomaco, pressione alta e problemi di memoria sono alcuni dei sintomi.
Ne parla  Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus,  nel suo lavoro 'Prevenzione tecnostress in azienda e sicurezza sul lavoro'.

Le categorie più a rischio sono:
  • networker (solitamente consulenti che usano almento 3 dispositivi mobili connessi per lavoro);
  • lavoratori Ict (Information and Communication Technology)
  • operatori di call center;
  • commercialisti;
  • giornalisti;
  • pubblicitari;
  • analisti finanziari.

Nella ricerca viene sottolineato come il fenomeno sia in aumento tra i commercialisti, categoria per cui il livello di stress cresce in concomitanza con nuove normative e l'incremento di software e applicazioni per la gestione dei carichi di lavoro.
Troppa tecnologia risente anche sui pubblicitari, spesso costantemente connessi con tablet e smartphone: se da un lato può aumentare la produttività, dall'altro rischia di condurre ad assuefazione, non essendoci mai un reale momento di pausa dall'attività lavorativa. Questo accade anche durante le ferie, ed è il motivo per cui i dati della ricerca sono stati presentati in luglio.

Come si può prevenire il fenomeno? Innanzitutto, formando i lavoratori sui possibili rischi. Altri spunti sono dati dalla bioarchitettura (per progettare ambienti di lavoro "rilassanti") e da tecniche di rilassamento.
Da segnalare anche la proposta di  "pausa digitale" obbligatoria, ideata da  Orazio Carabini, vicedirettore del settimanale 'L'Espresso'.




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La frase del giorno

16/7/2013

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Psiconews: sparisce la distinzione tra figli "legittimi" e "naturali"

15/7/2013

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Il Consiglio dei Ministri ha eliminato, approvando il decreto legislativo in materia di filiazione, qualsiasi forma di distinzione tra figli "legittimi" e "naturali" , cioè nati o meno all'interno di un matrimonio.
Lo scorso anno era stata approvata una legge di riforma in materia che equiparava figli naturali e legittimi, lasciando però i due aggettivi.
Con questo decreto spariscono gli aggettivi prima della parola "figlio" all'interno del Codice Civile: niente più figli di "serie B".

Le nuove norme applicano anche ai figli nati del matrimonio gli stessi diritti in materia di successione; gli adottati minorenni acquisiscono lo stato di figlio "nato nel matrimonio".
Dalla definizione di "potestà genitoriale" si passa a quella di "responsabilità" genitoriale, privilegiando il "superiore benessere dei figli minori"; vengono ampliati i diritti dei nonni a mantenere rapporti significativi con i minori (fermo restante il benessere di questi ultimi). Infine, viene specificata la nozione di abbandono che prevede la segnalazione ai Comuni da parte dei tribunali per i minorenni che si trovino all'interno di nuclei familiari indigenti.

Da segnalare anche una modifica all'Art. 53 del Codice Civile, che introduce e regola le procedure d’ascolto dei minori nelle azioni che li riguardano direttamente (ad es. separazioni e divorzi.)

Questo decreto rappresenta un grande segno di civiltà.
Eliminare le distinzioni tra figli nati fuori/dentro il matrimonio cancella quella disuguaglianza che da troppo tempo il Codice si portava dietro, ottemperando non solo alle indicazioni internazionali, ma anche a più elementari diritti costituzionali.
"Categorizzare" i figli rischiava di trasporre le disuguaglianze anche a livello familiare, con ripercussioni sul piano educativo, affettivo e relazionale. 
Il nostro auspicio è che queste modifiche legislative siano seguite anche da un cambiamento di quelle mentalità che ancora troppo spesso discriminano i bambini a 












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