L'ultima vittima, la 35enne Frieda Koziol, fu rinvenuta cinque mesi dopo, con il cranio fratturato, nella stessa zona dove dieci mesi prima era stata uccisa la prima vittima.
Il caso di Paul Ogorzow è stato oggetto di un racconto semiromanzato in lingua tedesca ed è stato considerato come soggetto di un film.
Gli impulsi che lo spingevano erano, a quanto pare, puramente sessuali. Ma i suoi crimini forniscono alcune indicazioni importanti anche sui pregiudizi ideologici dell'epoca.
I dieci mesi impiegati per la sua cattura non stupiscono se si considera che la Kripo, unità speciale della polizia creata per combattere i numerosi crimini che venivano compiuti durante il black out, dovette affrontare una serie di ostacoli durante le indagini. Anzitutto, le autorità di Berlino non volevano dare risalto agli omicidi per non creare panico, per cui alla pubblica opinione veniva comunicato solo lo stretto necessario: una potenziale fonte di dati venne così sacrificata. Un problema serio, inoltre, era rappresentato dai blackout, le cui restrizioni costituirono una manna per i criminali di Berlino. Lo stesso Ogorzow sfruttava il buio per inseguire le sue vittime e poi fuggire con facilità protetto dalla notte. Inoltre, la Kripo lavorava in un contesto di preconcetti e pregiudizi. Il primo era l'eccessivo grado di fiducia accordato a chiunque indossasse un'uniforme. Sebbene la vittima di una delle prime aggressioni avesse indicato che il suo assalitore indossava il cappotto delle ferrovie tedesche, la Kripo prese in considerazione la possibilità che l'assassino fosse effettivamente un ferroviere solo molto più tardi. Furono inoltre riportate considerazioni fuorvianti: alcuni ufficiali suggerirono che l'aggressore avrebbe potuto essere uno dei tanti ebrei che lavoravano nelle ferrovie, oppure che si potesse trattare di un agente segreto britannico, oppure ancora che l'assassino potesse essere un lavoratore straniero, uno dei tanti di solito deportati contro la loro volontà per soddisfare le esigenze di manodoperra dei settori industriali e commerciali.
Pare quindi che all'inizio Orgozow non fosse stato preso seriamente in considerazione come sospetto, ma che avesse piuttosto fatto una buona impressione. Descritto come "diligente e laborioso, felicemente sposato con due figli", appartenente al partito nazista, Ogorzow rispondeva a tutte le aspettative che il regime aveva verso un membro solido e corretto della società tedesca.
Tuttavia, nelle indagini della polizia riaffiorava sempre il nome di quell'assistente segnalatore di 28 anni della S-Bahn, che aveva suscitato il sospetto dei colleghi a causa della sua forte misoginia e dell'abitudine, nelle ore di servizio, di saltare la recinzione perimetrale ed allontanarsi. Ogorzow fu arrestato e sei giorni dopo, al termine di un intenso interrogatorio, ammise finalmente otto omicidi, sei tentati omicidi e altri 31 casi di aggressione.
Quando iniziò il suo processo, nel 1941, Ogorzow non ebbe comprensione da parte dei suoi compagni nazisti. Impazienti di gettarsi alle spalle lo scandalo, i leader di partito sbrigarono la seduta in un solo pomeriggio, condannandolo a morte.
Durante il processo, fu descritto come "un assassino dalla natura fredda e calcolatrice che sfruttava i blackout per soddisfare le sue depravate pulsioni sessuali". Prima della fine dello stesso mese in cui aveva commesso il suo ultimo omicidio, Paul Ogorzow fu processato, condannato e ghigliottinato nella prigione di Plotzensee.